Riposa in pace amore mio

sabato 28 marzo 2015

Appestati

Poche persone volevano varcare la soglia di quel cancello. Nonostante sia migliorata l'informazione , l'AIDS fa ancora paura, molti temono di contagiarsi respirando la stessa aria o semplicemente toccando la pelle o gli indumenti di chi per sua sfortuna ne è affetto.
Oltre quel cancello vi era una casa famiglia per malati di AIDS in fase conclamata, cioè quelli condannati a morte due volte, dalla malattia e dalla società che non li vuole neanche vedere, gli appestati della società moderna.
Senza neanche riconoscergli più neanche la dignità di persone , sono solo omosessuali, tossicodipendenti, prostitute che in fondo se la sono cercata, senza neanche dare loro il beneficio del dubbio che alcuni anni fa né la malattia né le modalità del contagio fossero conosciute così bene come adesso per poter prendere le dovute precauzioni ,pur volendo mantenere lo stesso stile di vita.
Solo l'amore e la dedizione di alcune suore, di un ex-terrorista in regime di semilibertà e di pochi ma tenaci volontari riuscivano a prolungare la vita interiore e fisica di quei ragazzi (sì, proprio ragazzi) che piano piano si stavano spegnendo lentamente come esili candele.
La loro giornata era scandita dalle visite in ospedale e dalle terapie. Le fleboclisi rappresentavano l'aspetto più doloroso, vista la difficoltà sempre maggiore di trovare vene idonee, quasi tutte erano infatti trombizzate o infiammate, quindi inutilizzabili. E non sempre la sofferenza fisica veniva accettata in silenzio e dignitosamente. A volte, per alcuni sempre più spesso con l'avanzare della malattia, crisi di rabbia e di disperazione erano un appuntamento fisso nella giornata, seguite poi da un silenzio tombale.
In questa atmosfera di morte colpiva l'atteggiamento sereno e affettuoso di uno degli ospiti che si avvicinava e con dolcezza e triste serenità consolava il disperato di turno. Eppure anche lui sapeva di avere i giorni contati, ma aveva deciso di affrontare la sua fine con una calma e una saggezza tipica delle persone anziane, a volte anche con un sottile velo di ironia.
Eppure la sua vita precedente non era stata certo tranquilla. Fin da ragazzino si era reso conto della sua omosessualità, naturalmente osteggiata dalla sua famiglia. Per tale motivo era fuggito di casa e per vivere aveva incominciato a prostituirsi. La sua bellezza alla David Bowie aveva fatto innamorare parecchi uomini di lui che gli avevano regalato una bella vita, permettendogli di realizzare il suo sogno di fare il costumista teatrale, lavoro per il quale era molto stimato, ma anche quello di procurarsi facilmente eroina e cocaina per sballarsi nei momenti di noia e di solitudine. Un giorno , nel pieno della sua attività, una brutta polmonite lo fa finire in ospedale dove gli comunicano la terribile diagnosi: AIDS in fase conclamata.
Quando raccontava la sua vita non c'era rimpianto né disperazione, era come se stesse parlando di un'altra persona. Si trasformava durante il periodo di carnevale, entusiasmandosi nel confezionare con le sue mani esperte dei bellissimi costumi per tutti, ospiti e volontari, persino le suore.
Aveva una parola buona per chiunque e incantava gli stessi volontari con la sua incredibile saggezza e ironia sulla vita , su sé stesso e la sua malattia, tant'è che in molti lo cercavano per chiacchierare con lui e persino confidargli i loro problemi di persone normali.
Quando è morto, sereno persino negli ultimi momenti della sua esistenza, tutti lo hanno pianto come un fratello, un grande amico, un esempio per chiunque lo abbia conosciuto. Per loro lui non è stato affatto solo un appestato.


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