Come
viene percepito il dolore fisico e morale da se stessi e dagli altri?
Ognuno
di noi ha una propria soglia del dolore. Ci sono gli stoici che
sopportano perfettamente qualsiasi dolore fisico, altri addirittura
svengono alla minima stimolazione dolorosa. Persone ipersensibili
soffrono incredibilmente per qualsiasi situazione di disagio, altri
sopportano eroicamente qualsiasi sventura capiti nella loro vita.
Spesso
tra persone che affrontano in maniera diversa un dolore fisico o
morale si erge un invisibile muro di incomprensione e
incompatibilità, come una manichea suddivisione tra buoni e cattivi,
sensibili ed insensibili. Ancora non si comprende che il dolore
fisico e interiore sono assolutamente indivisibili e coesistono
sebbene in proporzioni diverse nelle varie circostanze della vita.
Spesso
chi circonda persone che soffrono non si rende affatto conto di ciò,
accusando
di esagerare chi manifesta il proprio dolore fisico per una causa
minima in maniera troppo evidente. Spesso si tratta di subdole
richieste di attenzione e di aiuto che sottendono ad un grave disagio
interiore ed esistenziale.
Al
contrario vi sono persone, provate già molto nella loro vita, che
sopportano stoicamente il proprio dolore fisico, la cui
sottovalutazione può addirittura portare a diagnosi fin troppo
tardive di malattie estremamente gravi.
Le
malattie psicosomatiche offrono una vasta gamma di esempi nei quali
la sofferenza interiore si esprime con malattie a carico di vari
organi ed apparati.
Cefalea
muscolotensiva, gastrite, tachicardia e dolori anginosi, colon
irritabile, ipertensione arteriosa, anoressia e bulimia , asma
bronchiale, neoplasie possono, anche se non sempre , essere
espressione a lungo termine di un disagio psichico più o meno grave
che va comunque individuato e se possibile risolto, per evitare
complicanze irreversibili delle patologie da esso provocate. Ormai è
noto il rapporto causa effetto dello stress sull'abbassamento delle
difese immunitarie, anche se non è corretto attribuire solo allo
stress la causa di qualsiasi malattia.
Per
questo motivo sarebbe necessaria una ottima preparazione psicologica
del personale sanitario per impostare un adeguato rapporto con il
malato che soffre, attualmente molto carente e lasciata spesso
all'iniziativa e alla sensibilità individuale. Come pure sarebbe
obbligatorio introdurre un esame psicoattitudinale prima
dell'ammissione ai corsi universitari di Medicina e Chirurgia , di
Scienze Infermieristiche e similari per verificare se oltre alle
capacità tecniche e la preparazione teorica dei candidati ci sia
anche una predisposizione psicologica all'ascolto e all'aiuto di chi
soffre. Si potrebbero evitare molti errori diagnostici e terapeutici
dovuti alla sottovalutazione o alla sopravalutazione del sintomo
“dolore”, con conseguente vantaggio sia per il malato che per la
spesa sanitaria in generale.
Sarebbe
inoltre auspicabile educare proprio i bambini all'aiuto ed
all'ascolto di chi soffre, creando le basi per un mondo
qualitativamente migliore. Esperienze giovanili di volontariato
all'interno degli ospedali, case-famiglia, mense per i poveri
potrebbero essere una valida alternativa, o per lo meno il valido
completamento di una vita interamente trascorsa solo sui libri, o per
strada, in discoteca, o persa nelle droghe d'abuso.
Un
mondo veramente civile si deve creare necessariamente con
l'educazione dei giovanissimi e non con la repressione, spesso
tardiva e inefficace, delle persone ormai divenute adulte e purtroppo
indifferenti.
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